19 mar 2014

MENSA - replica alla circolare n. 69

Riceviamo e pubblichiamo la replica di un genitore di I media, pediatra e membro della commissione mensa della scuola media, alla circolare n. 69 sulla mensa. Buona lettura.

"Gentile Preside,
a seguito della circolare n 69 del 06.03.2014, pur condividendo molte delle affermazioni contenute, ritengo di dover fare alcune precisazioni.

Il costo della mensa è effettivamente elevato per la qualità offerta (palatabilità, tipo di alimento proposto, presentazione del piatto ); la sostituzione del menù delle medie con quello delle elementari, seppure legata ad evidenti problemi di gestione in quel momento non altrimenti risolvibili, non è stata apprezzata né dai ragazzi né dai genitori; la "pausa mensa" non è curricolare per la scuola media, per cui non è obbligatorio trascorrerla all'interno della struttura scolastica; il borsellino elettronico è stato formulato per permettere di limitare il pagamento solo ai pasti effettivamente fruiti con l'unica limitazione di darne comunicazione entro le ore 09:00 del mattino.

Su tali basi, con il trascorrere dei mesi, alcuni genitori hanno ritenuto lecito permettere ai loro figli di non usufruire, occasionalmente, della mensa scolastica. 

E' comprensibile la difficoltà creata in termini di sorveglianza e possibile aggravio di lavoro per gli operatori ed i docenti, ma non la preoccupazione nei confronti della possibilità che i ragazzi si muovano liberamente in città. A tal proposito ritengo invece importante sottolineare che l'età della scuola media corrisponde all'età in cui i nostri ragazzi devono imparare a confrontarsi con i problemi da Lei citati relativi al "muoversi liberamente per la città, allontanandosi a piacere della scuola, con evidenti problemi di sicurezza stradale, possibilità di cattivi incontri, igiene e salubrità del consumo del pasto, esposizione alle intemperie". Compito di noi adulti, genitori ed educatori, è quello di offrire loro gli strumenti e rassicurarli circa le loro capacità di affrontare i "pericoli" della città in cui vivono.

Vivere all'aria aperta, anche nelle stagioni in cui il tempo è meno clemente, è fondamentale per una buona salute. Non ci sono segnalazioni mediche circa la necessità di trascorrere sette ore al giorno in un ambiente chiuso, spesso eccessivamente riscaldato e con poco ricambio d'aria; ce ne sono invece molte circa l'effetto benefico del tempo trascorso all'aperto e della pratica regolare di attività fisica. Le nostre modalità di vita rendono tutto ciò poco praticabile: è un gran successo se i ragazzi preferiscono uscire e muoversi anziché rimanere seduti in classe, magari guardando un film perchè fuori pioviggina. Ed è evidente che, per motivi di sicurezza, non sia possibile correre o saltare dentro la scuola.

Resta l'ultimo punto, quello sulla scuola che vuole insegnare: è una bella scuola, che richiede oggi ai nostri figli di studiare molto a casa, anche fino a tarda ora durante la settimana, riducendo il tempo da dedicare allo sport, al gioco, alla socializzazione, ma anche, spesso, al sonno. In tal modo la scuola ci obbliga a ritenerli "grandi". Diventa poco educativo e rispettoso nei confronti di questi "grandi ragazzi" imporre poi controlli restrittivi da "bambini piccoli". Bello è vederli davanti a scuola dalle 08:00 del mattino: ritengono sicuro il luogo e desiderano incontrarsi, senza il vincolo del pre-scuola che resta una scelta delle singole famiglie.

Colgo anche il Suo invito a riflettere sulla mensa, come genitore, come membro della Commissione Mensa (precedente incarico di tre anni alla scuola elementare ed ora alla scuola media), come pediatra.

La mensa della scuola elementare, nel periodo 2008-2013, per molti bambini non è stata vissuta come una pausa piacevole. Ai bambini è stato più volte comunicato, anche con avvisi sul diario, che esistevano regole che andavano categoricamente rispettate: il cibo doveva essere sempre e comunque assaggiato e vi era l'obbligo di prendere tutte le portate. Spesso non era concesso di avanzare ed è capitato che il vassoio con il cibo non terminato venisse portato in classe per essere finito; che alcune bambine, evidentemente già in difficoltà con il cibo, vomitassero nel vassoio (!!!); che chi non finiva il pasto fosse punito - e con lui la classe, creando in tal modo i presupposti per una frattura all'interno del gruppo- e venisse privato della possibilità di uscire in giardino. L'intervallo mensa è stato spesso un momento di dimostrazione di forza, in cui il bisogno di nutrire proprio degli adulti (genitori ed insegnanti parimenti) ha portato a gravi errori nell'interpretazione del significato dell'educazione alimentare, che mai consiste nell'obbligo ad introdurre cibo in bocca! Sono incominciate le richieste di certificati medici che dichiarassero intolleranze ed avversioni; sono iniziati purtroppo i dolori addominali e le cefalee. Si sono ingrandite le merende di metà mattino (così i genitori si sentivano più tranquilli), si sono acuite le pressioni degli insegnanti al momento del pranzo (così anch'essi si sentivano più tranquilli ) e il rifiuto del cibo dei bambini. E' nato e cresciuto il "caso mensa".

La prospettiva erano le medie, senza l'obbligo di mangiare lo sgradito cibo. Ma quest'anno (senza soluzione di continuità per i ragazzi di prima media, con uno o due anni di cibo autogestito per i ragazzi di seconda e terza media) siamo ritornati alla "famigerata mensa dal cibo non buono" che, oltretutto, è il menù inviso delle elementari! Difficile pensare di aver imboccato una strada facile.

A ciò si aggiunge l'età dei fanciulli, un'età in cui si vuole esplorare e si ricerca autonomia. Un'età di cambiamenti nel corpo e nella mente. Un'età in cui, come afferma Piaget, il ragazzo ha quasi raggiunto la maturità intellettuale disponendo di modelli ideo-verbali che gli permetteranno di esercitare il pensiero astratto. Un'età in cui lo sviluppo motorio riceve un impulso importantissimo e si somma alla gran quantità di energia fisica. Un'età di frattura.



Forse la pausa mensa, pur rispettando le esigenze organizzative, andrebbe ripensata come momento di svago in cui il cibo svolge un ruolo non più centrale. Poco importa se si tratta di zuppa delle elementari, di pasta delle medie o di kebap. E' noto a chiunque si occupi di strategia motivazionale quanto sia fallimentare cercare di motivare facendo leva sull'autorità e sulle conseguenze che un comportamento scorretto potrebbe avere sulla salute e sul benessere futuri. Per altro noi adulti abbiamo spesso abitudini alimentari scorrette: saltiamo il pranzo se troppo impegnati, mangiamo un panino dove capita, esageriamo con i caffè e talvolta siamo anche fumatori. 

Si potrebbe lasciare ai ragazzi qualche piccolo spazio di autonomia che, nel caso del cibo, consiste nel decidere se hanno sufficiente appetito da voler mangiare il cibo della mensa o se lo amano così poco da preferire una grande merenda alle 10:30 oppure un'uscita -autorizzata dai genitori- per un pasto alternativo; permettere loro di mangiare il pasto preparato a casa, in giardino quando il tempo lo permette, in un’aula supplementare quando le condizioni climatiche sono avverse. 

Si potrebbe lasciare alle famiglie la responsabilità di decidere se permettere ai propri figli di esercitare qualche altra forma di autonomia andando a scuola in autobus, in bici, a piedi, anche da soli.

Si potrebbe lasciare alla scuola il compito di insegnare ed accendere la passione per la conoscenza.

Si potrebbe allora richiedere alle famiglie di comprendere gli sforzi che la scuola e tutti coloro che operano al suo interno devono affrontare per permettere un po' più di autonomia; si potrebbe richiedere alla scuola di offrire uno spazio di ascolto alle difficoltà delle famiglie e dei ragazzi.

Concludo, infine, con l'augurio che tutti noi, genitori ed educatori, riusciamo a vedere la bellezza di questi bambini ormai quasi ragazzi che imparano a diventare uomini e donne liberi ed autonomi, pronti a conquistare, anche se a volte un po' goffamente, il mondo, permettendoci di essere al loro fianco.

Maria Sartore Mastretta

Nessun commento:

Posta un commento